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Report

Food Industry Monitor 2025

Modelli di Governace e Strategie di Crescita

Performance 2024, proiezioni 2025 e previsioni per il 2026

Nel 2024, i ricavi del settore sono cresciuto del 5,9% confermando performance superiori rispetto all’economia italiana, con un PIL nazionale fermo sullo 0,7%. Il settore mostra buoni livelli di redditività commerciale con un ROS al 5,7% un ROIC al 6,9%, si tratta di valori positivi, anche se in lieve calo rispetto agli anni precedenti. La solidità finanziaria resta elevata con un indice di indebitamento pari ad 1,19 (mezzi di terzi su mezzi propri).

Per il 2025, il settore food dovrebbe confermare, con un 4,6% il trend positivo, seppure con tassi leggermente inferiori rispetto all’anno precedente. Per il 2026 si prevede una crescita dei ricavi del +4,4%.

Il mercato interno dovrebbe tenere grazie alla positiva dinamica dell’occupazione, che dovrebbe stimolare i consumi e quindi la domanda di prodotti del settore food. La crescita dei salari resta una variabile fondamentale per un salto di qualità dei consumi interni. La positiva evoluzione degli investimenti industriali conferma come l’industria italiana, in particolare quella del food, stia rispondendo alla sfida della produttività. A livello di comparto, nel 2025 cresceranno significativamente i comparti delle farine (+9,9%), caffè (+6,9%), olio (+6,3%) e surgelati (+5,6%).

 

Evoluzione dell’export 

L’export (in valore a prezzi correnti) del settore food, per i comparti analizzati dal FIM (con i relativi codici ATECO), registrerà una crescita del 7,3% nel 2025, leggermente inferiore rispetto al +8,2% del 2024. Le previsioni restano positive anche per il 2026, con un incremento stimato del 7%.

L’export relativo ai comparti mappati dal Food Industry Monitor ha raggiunto i 47 miliardi di euro, di cui circa il 13% destinato agli Stati Uniti. Il vino, da solo, genera esportazioni per oltre 8 miliardi di euro, con circa il 30% del totale diretto verso gli USA.

Le esportazioni del comparto food (incluso il vino) sono cresciute del 5,5% nel 2024, in netta ripresa rispetto al -1,6% registrato nel 2023. Tuttavia, è evidente che le politiche dell’amministrazione americana in materia di importazioni potrebbero avere effetti significativi sulle vendite negli USA.

 

Focus su aziende familiari, governance e performance 

Per la XI edizione del Food Industry Monitor, è stato sviluppato un focus specifico sugli assetti istituzionali e sui modelli di governance adottati dalle imprese. Il settore food si conferma fortemente caratterizzato da una presenza di imprese familiari, che rappresentano il 67% del campione analizzato (870 aziende). Le analisi sono state condotte anche a livello di comparto. I comparti delle farine (95%), distillati (83%), olio (82%) e caffè (81%) superano l’80% di aziende a proprietà familiare. Anche in comparti caratterizzati dalla presenza di grandi players internazionali, come surgelati, birra e vino, le aziende familiari rimangono prevalenti, seppur con un’incidenza di poco superiore al 50%

La governance delle imprese varia in base alla natura proprietaria: nelle aziende familiari, il 75,8% è gestito tramite Consiglio di Amministrazione, mentre il 24,2% è guidato da un Amministratore Unico. Nelle aziende non familiari la struttura è più formalizzata, con una netta prevalenza del CdA (93,6%) e una marginale presenza dell’Amministratore Unico (6,4%). Dal punto di vista della composizione di genere dei CdA si evidenzia come le aziende familiari presentino una quota di donne nei CdA del 24,7%, sensibilmente più alta rispetto al 10,1% rilevato nelle aziende non familiari.

Il settore del food evidenzia una buona longevità delle imprese, infatti il 53,3% delle aziende familiari del campione è guidata da esponenti della terza generazione, mentre un ulteriore 36,8% ha superato la terza, solo il 9,9% delle aziende è guidata dalle prime due generazioni. I comparti con la prevalenza di aziende di prima e seconda generazione sono: farina, pasta distillati e dolci. I comparti con le aziende più longeve, arrivate oltre la terza generazione, sono: birra, olio, farine e acqua.

Dal punto di vista delle performance economiche, le aziende familiari si distinguono per risultati mediamente superiori alle non familiari. Il ritorno sul capitale investito (ROI) e il Return on Equity (ROE) sono sensibilmente superiori per le aziende familiari.

In generale, per tutte le aziende, i modelli di governance evoluti determinano performance superiori. In particolare la presenza di una leadership collegiale, cioè una distribuzione delle deleghe tra più figure, migliora significativamente le performance, con effetti positivi sui principali indici di redditività. Ancora più rilevante è l’effetto positivo della presenza di amministratori che siano anche parte della compagine proprietaria: la presenza nei CdA di consiglieri-azionisti, infatti, porta a un miglioramento significativo del ROA. Nelle imprese familiari, la presenza di un presidente familiare, che esercita il ruolo di collegamento strategico tra famiglia e impresa, ha un’influenza rilevante sulle performance reddituali.

 

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X edizione FIM 2024

Dieci anni di food italiano

Il food italiano ha registrato negli ultimi dieci anni una crescita rilevante, passando da un valore di 53 miliardi nel 2012 a circa 90 miliardi nel 2023. Le esportazioni hanno visto una crescita continua, passando nello stesso periodo da 23 a 44 miliardi di euro. Gli occupati nella sola industria di trasformazione alimentare sono aumentati da 449.000 a 488.000, con una crescita record di circa 39.000 unità, in un periodo non particolarmente positivo per l’economia italiana.

Negli ultimi dieci anni, le aziende del food italiano hanno performato costantemente meglio delle medie imprese italiane (Dati MBRES) non solo in termini di redditività (ROI), ma anche per quanto riguarda la produttività degli investimenti e il tasso di indebitamento.

Le aziende italiane, note per il loro posizionamento di leadership di qualità in molti segmenti di mercato, sono ancora relativamente piccole, con un fatturato medio di circa 97 milioni di euro e 178 collaboratori. Dal 2013 al 2022 il fatturato medio è cresciuto del 4,4% annuo. Il food italiano resta caratterizzato dalla prevalenza di PMI a controllo familiare, che, se da un lato ha garantito un’offerta di qualità bilanciando tradizione e innovazione, dall’altro rappresenta un limite oggettivo nel confronto internazionale.

Le aziende del campione Food Industry Monitor hanno realizzato, a partire dal 2009, 72 acquisizioni di cui ben 26 verso target internazionali, per un controvalore complessivo di 5,4 miliardi di euro. Le acquisizioni sono uno strumento efficace di crescita profittevole, infatti, le aziende che hanno effettuato acquisizioni hanno registrato, dopo tre anni dalla conclusione dell’operazione, un aumento del fatturato di poco inferiore al 90% e un miglioramento dell’EBIT margin del 6%.

Performance 2023 e previsioni 2024-2025

Il 2023 è stato un anno estremamente positivo per il settore food con una crescita del 10% grazie sia alla buona tenuta del mercato interno sia alle eccellenti performance riscontrate nell’export. Nel 2023, le esportazioni del settore hanno raggiunto i 44 miliardi di euro, registrando una crescita del 6,3%, un dato eccellente anche se inferiore alla crescita registrata nel 2022, determinata in parte dall’aumento dei prezzi.

La crescita del settore proseguirà nel biennio 2024-2025 con tassi superiori al PIL. In particolare, per il 2024 si prevede una crescita del +4,8%, mentre per il 2025 la crescita sarà del 5,2%. Anche l’export continuerà a crescere; stimiamo infatti che nel 2024 la crescita delle vendite all’estero sarà del 8,1% e nel 2025 del 7,3%.

I dati reddituali evidenziano uno scenario ampiamente positivo. La redditività commerciale (ROS) raggiunge il 5,1%, un dato in linea con quanto registrato nel 2022. La redditività del capitale investito sfiora l’8% ed è in leggera crescita rispetto al 2022, grazie alla capacità di ottimizzare le scorte.

Nel 2024 cresceranno a tassi superiori alla media di mercato settori tipici del Made in Italy come caffè, olio, distillati e vino, soprattutto per via dei buoni risultati sul mercato internazionale. Cresceranno a valori leggermente inferiori altri settori come pasta, latte e derivati, e dolci, che risentiranno delle tensioni generate dal sistema della distribuzione e della contrazione dei consumi in alcuni segmenti del mercato italiano.

 

 

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IX edizione FIM 2023

Cuore locale e futuro globale. Creatività e crescita nel settore del food

La IX edizione è dedicata alle prospettive di crescita nel settore nel biennio 2023-2024 e ai processi di nascita e sviluppo delle nuove imprese. Verranno presentati i dati dell’osservatorio inedito sulle start-up e sulle imprese ad alto potenziale di crescita fondate negli ultimi 10 anni da imprenditrici ed imprenditori che hanno saputo sviluppare iniziative innovative, destinate a plasmare l’industria del food del futuro.

Il 2022 è stato un anno estremamente positivo per il settore food con una crescita record pari a circa il 12%. Il dato, seppure influenzato da un tasso d’inflazione elevato, è dovuto principalmente ai fatturati record realizzati dalle aziende nel periodo di forte crescita economica post-Covid. La crescita del settore proseguirà nel biennio 2023-2024 con tassi superiori al PIL, in particolare per il 2023 si prevede un + 8,4%, per il 2024 la crescita sarà del 5,7%. Il trend di breve periodo del settore food beneficerà dell’andamento positivo dell’economia italiana, che nel 2023 crescerà ben oltre le attese elaborate lo scoro anno. Il dato del 2024 potrebbe invece essere influenzato negativamente dall’erosione del potere di acquisto delle famiglie, considerando che la corsa dell’inflazione non sembra rallentare.

La redditività commerciale (ROS) fa registrare una lieve riduzione nel 2022, con un valore pari al 4%; questo è dovuto all’aumento dell’inflazione e alla conseguente tensione sui prezzi delle materie prime.  Anche la redditività del capitale investito (ROIC) scende nel 2022 (6,5%) per effetto dell’aumento del capitale investito in scorte di materie prime e semilavorati. Per il 2023 si prevede una ripresa del ROIC con valori vicino alla media del periodo, continuerà invece la pressione sui margini commerciali e quindi sul ROS.  Il 2022 segna anche un incremento significativo del tasso di indebitamento, che balza dal 2,18 a 3,29, per effetto del maggior ricorso ai finanziamenti a breve per acquisire materie prime e per finanziare l’aumento della produzione.

I comparti farine, surgelati, vino e distillati saranno interessati, nel 2023, da un tasso della crescita dei ricavi a due cifre. I comparti della birra e del latte otterranno performance altrettanto positive con valori al di sopra della media del settore. I comparti conserve, dell’olio, del caffè, dei salumi e dell’acqua otterranno buone performance di crescita, seppure di entità minore e al di sotto della media del settore.

Nel 2022, le esportazioni del settore hanno registrato una crescita del 16% (a valore), un dato eccezionale, superiore anche alle performance ottenute nel 2021 (+11,7%). Le esportazioni continueranno a crescere anche nel biennio 2023-2024 con tassi intorno al 10%.

L’analisi delle start-up del food

Per l’edizione 2023 del Food Industry Monitor è stata sviluppata un’analisi originale che ha permesso di identificare le start-up italiane operanti nel settore food e analizzarne la governance, le caratteristiche distintive dei modelli di business e le performance.

L’analisi si è focalizzata su un campione di 3.367 imprese create negli ultimi i 10 anni (dal 2012 al 2021) nei diversi comparti del food.

Le start-up sono state suddivise in tre gruppi, in base alla tipologia di struttura proprietaria:

  • start-up indipendenti, ovvero aziende di nuova costituzione fondate da imprenditori/ imprenditrici (83% del campione);
  • start-up supportate da partner industriale, ovvero aziende di nuova costituzione, controllate o partecipate da investitori industriali, ovvero società già operanti nel settore food o in settori affini (15% del campione);
  • start-up supportate da investitore, quindi aziende di nuova costituzione, supportate da fondi di private equity o altri investitori istituzionali (2% del campione).

 

L’età media degli imprenditori e delle imprenditrici che hanno fondato le aziende è piuttosto elevata (48 anni circa), in particolare il 43,4% delle aziende è gestito da amministratori della generazione dei “baby boomer” (nati tra il 1965 e il 1979). L’incidenza di imprenditrici sul totale dei/delle fondatori/fondatrici varia a seconda del tipo di Start-up: le donne rappresentano il 31,5% nelle Start-up indipendenti, il 16,9% nel caso delle Start-up industriali e solo l’11,9% nelle start up supportate da investitore finanziario. In termini di presenza nei CdA il gender gap resta significativo, con solo il 22,8% del totale degli amministratori e amministratrici di sesso femminile, si tratta di un dato leggermente migliore rispetto alla presenza delle donne nei CdA delle aziende del food (intero campione del Food Industry Monitor) che si attesta al 21,7%.

Da un punto di vista delle dimensioni (in termini di ricavi) si rileva che (nel 2021), il 79% delle aziende del campione ha ricavi inferiori al milione di euro, il 17% tra 1 milione e i 5 milioni e solo il 4% ha ricavi superiori a 5 milioni di euro.

Le aziende indipendenti sono prevalentemente di piccole dimensioni, con un fatturato medio di 1 milione di euro, contro gli oltre 4 milioni delle aziende con investitore industriale e i 2 milioni di quelle supportate da investitore finanziario.

Dal confronto con le performance del campione Start-up e del campione dell’intero settore del food (le aziende mappate dal FIM) si evidenziano migliori performance di crescita (CAGR 2015-2022) per le start-up con un valore pari a 24%. La situazione si inverte se si considera la redditività commerciale media (2015-2021) dove le aziende del food ottengono performance nettamente superiori rispetto alle Start-up. Dal confronto con il ROIC (media 2015-2022) la distanza tra aziende consolidate si riduce, con le start-up che raggiungono 7,2% e il campione del FIM che si attesta a 8,9%. I dati sulla redditività sono determinati anche dal processo di crescita delle Start-up che non hanno ancora raggiunto la massa critica in termini di fatturato e quindi non possono fare leva sull’economie di scala e hanno difficoltà a coprire i costi fissi generati dagli investimenti.

Le performance di crescita pluriennali (CAGR 2015 – 2021) sono leggermente migliori per le aziende supportare da investitori istituzionali, seguite dalle aziende indipendenti e dalle aziende supportate da partner industriali. Le aziende indipendenti hanno ottenuto, nel periodo 2015-2021, i migliori risultati in termini di ROS e un ROIC. Per questo tipo di aziende il livello degli investimenti e la complessità del business realizzato sono, di norma, inferiori a quelle delle altre due tipologie di Start-up e questo contribuisce e spiegare le migliori performance di redditività.

I dati relativi alla ricerca e sviluppo evidenziano che nei 10 anni analizzati le aziende Start-up hanno depositato 316 brevetti, le Start-up più attive su questo fronte sono quelle industriali il 59% di tutti i brevetti, seguite da quelle indipendenti, che, nonostante le minori dimensioni si confermano piuttosto dinamiche in termini d’innovazione.

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VII edizione FIM 2022

Innovazione e sostenibilità nel settore alimentare. Il contributo delle imprese familiari

L’edizione 2022 (l’ottava) è dedicata all’analisi del rapporto tra innovazione e crescita sostenibile delle aziende alimentari, con un focus sulle aziende familiari e le specificità dei loro modelli di business

Il 2021 ha segnato una forte ripresa del settore del food con una crescita record del 6,8%, superiore alla crescita del PIL (6,6%). La crescita del settore food si protrarrà anche nel 2022 e nel 2023 con tassi intorno al 4% annuo, più del doppio del PIL.

La redditività commerciale (ROS) ha raggiunto il 6,5% nel 2021, e le proiezioni indicano una sostanziale tenuta anche per 2022, nonostante le forti tensioni sui prezzi delle materie.  La struttura finanziaria delle aziende del settore resta solida, con una lieve crescita del trasso di indebitamento.

Nel 2021, le esportazioni del settore hanno ripreso a crescere con un tasso superiore al 10%, in forte rimbalzo rispetto al -0,4% del 2020. Le esportazioni continueranno a crescere, ma a tassi molto più contenuti nel 2022 e nel 2023.

L’analisi delle performance di sostenibilità evidenzia che il 98% delle aziende utilizza del tutto o in parte materie prime a ridotto impatto ambientale. Circa 88% delle aziende usa in via esclusiva o prevalente packaging a ridotto impatto ambientale. Circa il 57% delle aziende ha ottenuto una o più certificazioni inerenti alla sostenibilità ambientale e il 30% circa delle aziende pubblica il bilancio di sostenibilità, mediamente da almeno tre anni.

Le aziende familiari hanno un ruolo preponderante nel settore del food. Il 78% del campione di aziende del campione sono controllate da una o più famiglie. L’86% delle aziende familiari ha un consiglio d’amministrazione interamente composto da membri della famiglia, l’11% è caratterizzato da una composizione del CdA mista, che comprende q membri esterni ed interni alla famiglia; il 3% delle aziende familiari ha un CdA composto interamente da membri esterni la famiglia. Solo 8% delle imprese analizzate ha un CEO esterno alla famiglia. Il settore del food è costituto prevalentemente da realtà imprenditoriali “giovani”, il 65% delle aziende è attualmente gestita dalla prima generazione, il 30% dalla seconda generazione e il restante 4,5% dalla terza e quarta generazione. Le aziende con una guida familiare hanno registrato performance di redditività e produttività superiori a quelle con un CEO non familiare. La scelta di management team con membri della famiglia, accanto a manager professionisti, consente alle aziende di ottenere migliori performance di redditività (ROS) e soprattutto di costruire un profilo di sostenibilità più solido.

Performance 2021 e previsioni 2022-2023

Il 2021 ha segnato una forte ripresa del settore del food con una crescita record del 6,8%, superiore alla crescita del PIL (6,6%). La crescita del settore food si protrarrà anche nel 2022 e nel 2023 con tassi intorno al 4% annuo, più del doppio del PIL.

La redditività commerciale (ROS) ha raggiunto il 6,5% nel 2021, e le proiezioni indicano una sostanziale tenuta anche per 2022 nonostante le forti tensioni sui prezzi delle materie prime e l’impatto del “carovita” sui consumi delle famiglie.  La struttura finanziaria delle aziende del settore resta solida, nonostante una lieve crescita del tasso d’indebitamento.

I comparti delle farine e del caffè saranno interessati nel 2022 da una crescita a due cifre, questo anche per effetto dell’aumento dei costi delle materie prime. Faranno bene anche i comparti dell’olio, dei surgelai e del latte. Il vino crescerà del 4,8%, appena al di sotto della media settoriale.

Nel 2021, le esportazioni del settore hanno ripreso a crescere con un tasso superiore al 10%, in forte rimbalzo rispetto al -0,4% del 2020. Le esportazioni continueranno a crescere, ma a tassi molto più contenuti nel 2022 e nel 2023. I comparti più dinamici per le esportazioni nel 2022 saranno: distillati, birra, latte e soft drink, ma anche vino e pasta fanno bene nell’export.

Le performance di lungo periodo (5 anni)

Le performance di lungo periodo (CAGR 2015-2020) evidenziano che i comparti che hanno ottenuto una crescita dei ricavi superiore alla media del settore (2%) sono: surgelati, latte, caffè, farine, pasta, dolci, vino, conserve e salumi.

Il comparto dei distillati registra le performance medie (2015-2020) di redditività commerciale (ROS) maggiori con un valore del 13,8%. Si registrano buone performance di crescita pluriennale anche per il comparto dell’acqua (11%), food equipment (10,8%), birra (8,4%), dolci (7,1%), pasta (6,2%) e caffe (6,0%).

Si rilevano criticità in merito alla marginalità commerciale per i comparti dei salumi (1,7%), dell’olio (1,7%), farine (2,9%) e latte (3,9%), che registrano valori al di sotto della media del settore (6,2%). I comparti delle conserve (4,2%), surgelati (4,8%) e vino (5,8%) registrano valori di ROS soddisfacenti e intorno alla media del settore.

Il confronto di lungo periodo (2015-2020) tra crescita e indebitamento evidenzia la presenza di comparti virtuosi quali vino pasta, dolci e caffè. Altri comparti quali conserve, salumi, latte farine e surgelati hanno ottime performance di crescita, ma hanno un indebitamento più elevato.

 Analisi della sostenibilità economica

L’Indice di Crescita Sostenibile (ICS) misura la sostenibilità economica della crescita ed è calcolato considerando la crescita dei ricavi, la marginalità commerciale e la struttura finanziaria. Quanto più elevato è l’indice tanto maggiori sarà la resilienza economica del comparto o della singola azienda.

I comparti che hanno registrato le performance migliori, nel periodo 2015-2020, per i tre profili sopra citati sono: il caffè, i distillati, dolci e food equipment. I comparti dei surgelati, acqua e vino occupano nel ranking posizioni intorno all’ICS medio di settore. I settori che mostrano criticità sono: pasta, farine, latte e salumi.

Confronto intersettoriale

L’analisi delle performance di altri settori dell’economia italiana rispetto l’andamento del settore food evidenzia una redditività media (ROE) sostanzialmente superiore per il settore alimentare rispetto il campione delle imprese italiane (dati MBRES)

La media del valore aggiunto su fatturato è lievemente superiore per le imprese italiane (21,9%) rispetto al settore food (21,5%). Il tasso d’indebitamento delle imprese del settore food si attesta, nel 2020, a 2,3, un dato strutturalmente più basso rispetto alla media delle imprese italiane, che si attesta a 2,5.

Performance di sostenibilità sociale ed ambientale

Per valutare le performance di sostenibilità sono stati raccolti e analizzati i dati di 726 aziende del Food Industry Monitor operanti nei seguenti comparti: acqua, birra, caffe, conserve, distillati, dolci, farine, latte, olio, pasta, salumi, surgelati e vino.

Per azienda sostenibile, s’intende un’azienda che opera rispettando l’ambiente, le comunità locali e la società nel suo complesso. Per ciascuna aziende del campione sono state rilevate 13 variabili che misurano i seguenti aspetti:

  • utilizzo di materie prime sostenibili nel processo di produzione;
  • azioni per ridurre le emissioni di CO2;
  • utilizzo di fonti di energia rinnovabile;
  • supporto allo sviluppo delle comunità locali.

Dall’analisi effettuate è emerso che il 98% delle aziende utilizza del tutto o in parte materie prime a ridotto impatto ambientale e nello specifico il 22% utilizza esclusivamente materie prime a ridotto impatto ambientale. Le aziende dedicano particolare attenzione al packaging dei loro prodotti, infatti, circa 88% delle aziende usa in via esclusiva o prevalente packaging a ridotto impatto ambientale, ovvero in materiale compostabile o comunque proveniente da materiale riciclato.

Dalle analisi emerge che circa il 57% delle aziende ha ottenuto una o più certificazioni inerenti alla sostenibilità ambientale e che il 30% circa delle aziende pubblica il bilancio di sostenibilità. Da nostre ulteriori analisi emerge che le aziende analizzate pubblicano il bilancio di sostenibilità mediamente da almeno tre anni in modo continuativo.

Al fine di fornire un indice di sostenibilità che permettesse di attribuire un “livello di sostenibilità” alle aziende analizzate, è stato elaborato il “Sustainability Score”, un indice sintetico percentuale (0% -100%), che è stato attribuito ad ogni azienda e che ha permesso d’individuare quali sono i comparti mediamente più sostenibili.

Dalle analisi effettuate emerge che i comparti della pasta e delle conserve risultato i più sostenibili, seguono i comparti dei dolci, delle farine e del latte che ottengono comunque buoni livelli di sostenibilità.

Permangono alcune criticità per comparti del caffè e dei salumi, nonostante i player di maggiori dimensioni hanno ottenuto sustainability score tra i più alti del settore.

 Le aziende familiari nel settore food & beverage

L’analisi delle aziende familiari è stata condotta su 726 aziende, per ognuna di esse è stata svolta un’analisi della struttura proprietaria e degli organi di direzione. Sulla base delle variabili relative a proprietà e controllo sono state selezionate 567 aziende “familiari”.

Le 567 aziende familiari sono state successivamente sottoposte ad ulteriori analisi qualitative-descrittive che hanno permesso di ottenere informazioni circa la struttura di governance per settore e per comparto, l’età media degli amministratori, il numero di generazioni e la tipologia di amministratore delegato (se interno o esterno alla famiglia).

Dalle analisi effettuate risulta che l’86% delle aziende familiari ha un consiglio d’amministrazione interamente composto da membri della famiglia, l’11% è caratterizzato da una composizione del CdA mista, che comprende quindi membri esterni ed interni alla famiglia, e solo il 3% delle aziende familiari ha un CdA composto interamente da membri esterni la famiglia. Con riferimento alla carica di amministratore delegato, solo 8% delle imprese analizzate ha un CEO esterno alla famiglia.

Con riferimento alle generazioni che si sono alternate alla guida dell’azienda, si rileva che il 65% delle aziende è attualmente gestita dalla prima generazione, il 30% dalla seconda generazione e il restante 4,5% dalla terza e quarta generazione. L’età media degli amministratori è di circa 60 anni, con il numero maggiore di amministratori compresi nella fascia d’età che va dai 45 ai 64 anni.

A livello di comparto si rileva che più del 90% delle aziende operanti nei comparti delle farine, dell’olio, delle conserve e della pasta hanno un CdA formato totalmente da membri della famiglia. I comparti dei dolci e del latte hanno il numero maggiore di aziende caratterizzate da CdA con membri esterni alla famiglia, rispettivamente il 33,3% e il 22%.

Le aziende con un CEO familiare hanno avuto nell’arco temporale 2015-20 un ROS e un ROIC superiore a quelle con un CEO non familiare.  Le aziende con un CEO familiare hanno avuto nell’arco temporale 2015-20 una produttività degli investimenti tangibili (ricavi/immobilizzazioni materiali) nettamente superiore a quelle con un CEO non familiare. Anche dal punto di vista delle produttività dei costi operativi le aziende a guida familiare hanno performance migliori. La scelta di management team con membri della famiglia, accanto a manager professionisti, consente alle aziende di ottenere migliori performance di redditività (ROS) e soprattutto permette di ottenere performance di sostenibilità superiori.

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VII edizione FIM 2021

La sfida della crescita sostenibile per le aziende del Food

L’edizione 2021 (la settima) è dedicata all’analisi del rapporto tra performance economiche e scelte strategiche delle aziende alimentari, in tema di sostenibilità e innovazione.

Analisi delle performance delle imprese e proiezioni 2021-2022

Nel 2020 il settore alimentare ha registrato una contrazione della crescita dell’1%, un valore sostanzialmente contenuto se paragonato al -8,9% dell’economia italiana. La flessione del settore è dovuta principalmente alla contrazione dei consumi nel segmento Ho.Re.Ca. e dalla riprogrammazione degli investimenti in capacità produttiva, che sono stati posticipati alla fine dell’anno. Il 2021, e il 2022, saranno anni di forte ripresa, con una crescita prevista di poco inferiore al 6% annuo, un tasso superiore alla crescita del PIL italiano. Il comparto del packaging crescerà a ritmi molto sostenuti grazie alla spinta generata dalla riprogettazione di confezioni sempre più sostenibili. Il settore del caffè e del vino saranno interessati da crescite importanti, trainate dalla forte ripresa del segmento Ho.Re.Ca. Ci si aspetta una progressione significativa anche per il comparto del food equipment, trainato dai nuovi investimenti stimolati dal piano di recovery.

Anche la marginalità commerciale è stata influenzata dalla crisi economica. Nel 2020 il ROS è sceso al 3,8%, ma per il 2021 si prevede un ritorno ai valori degli anni precedenti (6,8%). Nonostante la situazione economica del 2020, che ha visto diminuire le esportazioni dell’1,5%, nel biennio 2021-2022 l’export riprenderà vigore con una crescita del 3%.

Sostenibilità, innovazione e performance

Per la settima edizione del Food Industry Monitor è stato condotto uno studio sul rapporto tra performance economiche e scelte strategiche operate dalle aziende in merito alla sostenibilità e all’innovazione. Ai fini dell’analisi sono stati raccolti dati qualitativi con l’ausilio di un questionario somministrato ad un campione di aziende del settore alimentare italiano.

Dall’analisi si rileva che l’81% delle aziende intervistate si ritiene un “azienda sostenibile” e il 56% ha già implementato una strategia formalizzata di sostenibilità. Il 78% delle aziende ha attualmente nella propria gamma uno o più prodotti che possono essere definiti sostenibili.

Le scelte di sostenibilità non riguardano solo i processi produttivi: il 54% delle aziende ha modificato in ottica sostenibile il packaging e il 44% sceglie i proprio fornitori valutando il loro profilo di sostenibilità.

Il 74% delle aziende intervistate ritiene che attuare una strategia di comunicazione incentrata sui temi di sostenibilità abbia un impatto positivo sulle vendite, seppure il 63% ritenga anche che attuare processi produttivi sostenibili implichi un aumento dei costi aziendali.

Un dato particolarmente significativo è quello relativo agli investimenti. Il 93% delle aziende dichiara di aver realizzato negli ultimi 5 anni investimenti in sostenibilità e l’80% effettuerà ulteriori investimenti nei prossimi 3 anni. Mediamente le aziende italiane hanno incrementato i propri investimenti in sostenibilità del 38,8% negli ultimi 5 anni, a testimonianza dell’inizio di un trend di cambiamento strutturale.

Le aziende che hanno una strategia di sostenibilità formalizzata, che hanno incrementato gli investimenti in sostenibilità negli ultimi 5 anni, e che comunicano in modo efficace le proprie scelte, hanno performance di crescita superiori.

Le aziende che hanno investito in sostenibilità hanno un approccio proattivo all’innovazione, in particolare di processo, e questo si riflette sulle performance di crescita, sia nel medio periodo sia nel lungo periodo.

Scarica qui la presentazione FIM 2021

VI edizione FIM 2020

Il Cibo è salute. Scenari competitivi nell’industria alimentare italiana 

La sesta edizione, avvenuta a giugno del 2020, è stata interamente dedicata al rapporto tra cibo e salute e all’innovazione sostenibile.

Le performance delle aziende

Il 2019 ha rappresentato un anno positivo per il settore alimentare, che registra performance di crescita pari al 3,1%, contro un PIL italiano cresciuto dello 0,3%. Nel 2020, anche il food risentirà dell’impatto del Coronavirus, con un calo nella crescita del 5% circa: un dato però contenuto in relazione alle previsioni del PIL (-9,5%). Il 2021 sarà l’anno della ripresa, con un tasso del 7,7% per il comparto. La marginalità commerciale sarà influenzata relativamente, il ROS scenderà dal 6,2 al 5,9% nel 2020, per risalire al 6% nel 2021.

Nonostante la situazione economica, le esportazioni del settore food cresceranno mediamente dell’11% nel biennio 2020-2021.

I trend di mercato

I trend di mercato sono stati analizzati attraverso una topic analysis condotta su oltre 900 testi provenienti da 42 testate on line nazionali ed internazionali su temi legati al food & beverge, nel periodo 2015-2019. La topic analysis consente di misurare quanto si parla di temi specifici e quindi di fare ipotesi sul livello di attenzione di sensibilità dei consumatori rispetto a questi temi.

L’analisi ha permesso d’individuare 9 topic ricorrenti. Quello degli alimenti salutisti è il topic che è stato caratterizzato nel periodo 2015-2019 dal maggiore incremento di citazioni. I media internazionali mostrano una crescente attenzione sui temi della sicurezza alimentare e sui processi di trasformazione del cibo; il mercato italiano sembra più interessato ai topic delle caratteristiche nutrizionali e della tradizione.

Il posizionamento percettivo dei topic evidenzia la polarizzazione dei contenuti su due cluster di topic: il primo cluster lega l’evoluzione dei gusti dei consumatori con l’innovazione nei processi produttivi e la sicurezza alimentare; il secondo cluster evidenzia un forte legame tra innovazione di prodotto e benefici nutrizionali degli alimenti. Vuol dire quindi che innovazione, sicurezza alimentare e caratteristiche nutrizionali degli alimenti sono profondamente legati nella percezione dei consumatori.

La topic analysis evidenzia che i consumatori hanno un elevato livello di sensibilità sui temi salutisti e che l’innovazione non può essere considerata in modo disgiunto rispetto ai benefici nutrizionali per i consumatori. Questi dati si riferiscono ai media prima dell’emergenza Coronavirus, ci aspettiamo che le tendenze emerse si siano ulteriormente rafforzate dopo la pandemia.

I modelli di business

L’analisi dei modelli di business delle aziende evidenzia che l’offerta di prodotti delle aziende italiane del food è costituita per il 40% da prodotti salutisti, ovvero da prodotti che, in base al comparto di appartenenza, possono avere una o più delle seguenti caratteristiche: contengono materie prime di origine biologica, sono sottoposti a processi di trasformazione poco invasivi, non contengono additivi e conservanti artificiali, hanno effetti benefici di tipo funzionale sulla salute del consumatore.

Le aziende caratterizzate da un’offerta salutista hanno performance di crescita e di redditività commerciale più elevate, inoltre la redditività del capitale investito è influenzata positivamente dall’utilizzo di comunicazioni a sfondo salutista.

La produttività media è sensibilmente più alta per le aziende che offrono prodotti salutisti funzionali, ovvero salutisti negli effetti, e che utilizzano formulazioni salutiste per la produzione dei propri prodotti.

Possiamo pertanto concludere che l’orientamento salutista nell’offerta, in specifici comparti del settore food, è legato ad un miglioramento delle performance aziendali.

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V edizione FIM 2019

Saperi tradizionali, creatività e innovazione nell’industria alimentare italiana

 

Le principali performance del settore e dei comparti

Nel 2018 il settore agroalimentare continua a crescere e registra un tasso di crescita pari al 3,1%, dato positivo se paragonato all’andamento complessivo del PIL italiano. Il trend di crescita è destinato a continuare nel 2019 e nel 2020 a tassi superiori al 3% annuo.

Le performance reddituali subiscono un  lieve rallentamento nel 2018 rispetto al 2017, per quanto attiene la redditività delle vendite, il ritorno sul capitale investito è leggermente in crescita. Si evidenzia una diminuzione del tasso di indebitamento del settore che si attesta a 2,30 nel 2018.

Dall’analisi delle performance di lungo periodo  (2009-2017) emerge che i comparti che crescono maggiormente sono: farine, food equipment, caffè, surgelati, olio, packaging, e vino.

La redditività commerciale (ROS) nel comparto dei distillati è, storicamente, più elevata rispetto agli altri comparti (13,3%); si rilevano comunque buone performance anche per i comparti del food equipment (9,6%), dell’acqua (8,4%), dei dolci (7,9%), della birra (7,7%), della pasta (6,9%) e del caffè (6,4%) che hanno valori superiori alla media dell’intero settore (5,9%).

Permangono delle criticità che interessano i comparti olio, prodotti a base di carne e farine. Si rileva una lieve ripresa della redditività del comparto latte (4,3%) sebbene il risultato resti al di sotto della media dell’intero settore (5,9%)

 

ICS – Indice di crescita sostenibile e i comparti ad alto potenziale di sviluppo

L’ICS – Indice di Crescita Sostenibile viene calcolato tenendo conto della crescita dei ricavi, della marginalità commerciale (ROS) e della struttura finanziaria su un arco pluriennale (2009-2018). Quanto più elevato è l’indice tanto maggiori saranno le possibilità di crescita per il comparto o per la singola azienda. L’analisi dell’ICS nel periodo considerato mostra che solo quattro comparti hanno un Indice di Crescita Sostenibile soddisfacente che evidenzia la presenza d’imprese in crescita, con buone performance reddituali e una solida struttura finanziaria.

In particolare, i comparti che hanno registrato le performance migliori per i tre profili sopra citati sono: il caffè (ICS 25,6), il food equipment (ICS 23,4), i distillati (ICS 19,7), farine (ICS 11,9) e, in misura minore il vino (ICS 10,7). Infatti, detti comparti associano all’aumento delle vendite e della marginalità un tasso d’indebitamento contenuto.

Settori quali pasta (ICS 8,1), surgelati (ICS 7,7) packaging (ICS 7,1) e acqua (ICS 6,1) occupano nel ranking posizioni intermedie in quanto non eccellono in tutti e tre i profili che costituiscono l’indice. Infine, per diversi comparti come salumi (ICS 1,6), olio (ICS 3,1) e latte (ICS 3,3) si conferma una situazione di criticità.

Analisi delle performance per classi dimensionali

Sono state comparate le performance di crescita, redditività e struttura finanziaria delle grandi aziende (con un fatturato sopra i 100 milioni di Euro) con le performance delle medie aziende (con un fatturato tra i 100 milioni e i 50 milioni di Euro).

Si registra un netto miglioramento del tasso di crescita delle medie aziende e performance reddituali (ROIC) per le medie aziende superiori rispetto alle performance delle grandi aziende. La redditività è maggiore per le aziende di medie dimensioni con valori molto alti nei seguenti comparti:  distillati (15,4%), dolci (8,5%) e pasta (8,0%). La redditività commerciale delle grandi aziende è maggiore nel comparto del vino (8,2%), cui seguono i comparti del caffè (7,3%), dei salumi (2,6%) e dell’olio (2,2%). Le aziende di grandi dimensioni crescono a tassi superiori solo nei comparti in cui è prevalente il modello di business delle trading company, come nell’olio e nel vino.

Confronto intersettoriale

Analizzando le performance di altri settori dell’economia italiana in relazione all’andamento del settore food si denota un lieve peggioramento delle performance del settore alimentare. Il confronto intersettoriale rivela infatti che il ritorno sul capitale investito nel 2017 è inferiore (ROI 9,8%) a quello di diversi settori dell’economia italiana come l’abbigliamento o il settore metal-meccanico (confronto con dati MBRES).

Considerata l’evoluzione del tasso d’indebitamento sia del campione MBRES delle imprese italiane sia del settore food, si registra un trend in diminuzione nel lungo periodo e si confermano i livelli più bassi per il settore food che, nel 2018, registra il tasso d’indebitamento più basso (2,30) di tutto il periodo considerato (2010-2018). Il settore food nel 2017 mostra una maggiore dinamica degli investimenti in immobilizzazioni materiali rispetto alla media degli altri settori dell’economia italiana.

 

Le imprese italiane tra tradizione e innovazione

L’analisi delle caratteristiche dei modelli di business e del legame con le performance di crescita e redditività delle aziende è stata realizzata attraverso un indagine con questionari che ha interessato un campione di aziende rappresentative dei diversi comparti.

Dai dati raccolti risulta che il 70% delle aziende italiane è molto orientato alla tradizione. Inoltre, il 63% delle aziende intervistate realizza prodotti che effettivamente si basano su ricette tradizionali che si tramandano in azienda. Sebbene si tratti di produzioni industriali di alimenti molte imprese dichiarano di adottare processi produttivi che possono essere definiti artigianali, in quanto svolti con un livello ponderato di automazione. L’innovazione di processo è un elemento importante per la competitività delle aziende non a caso il 70% del campion adotta processi produttivi innovativi.

Per la quasi totalità del campione (93%) la selezione delle materie prime è un punto fondamentale del processo produttivo, il 68% delle aziende del campione si avvale di fornitori che sono artigiani o contadini locali e intrattiene con questi relazioni commerciali di lungo periodo. Precisamente, più del 50% delle aziende del campione intervistato dichiara di attuare politiche a sostegno e supporto dei propri fornitori attraverso incentivi di vario genere. Infine, il 50% delle aziende del settore agroalimentare italiano realizza fattive collaborazioni con i propri fornitori al fine di sviluppare nuovi prodotti e processi.

Per la valorizzazione e la comunicazione dei propri prodotti sul mercato, oltre il 70% delle imprese italiane fa leva sul legame con la tradizione gastronomica italiana o locale. Più del 50% delle aziende analizzate si avvale di Denominazioni d’Origine o Presidi Slow Food per la promozione dei propri prodotti sul mercato. Circa il 45% delle imprese si avvale invece di tematiche che richiamano l’artigianalità, argomento complesso che quasi sempre sottintende l’idea dell’hand made – ovvero del creato a mano – senza particolari ausili industriali. Per il 62% del campione, la strategia di comunicazione si pone in linea con i più recenti trend salutistici, ossia si avvale di denominazioni che richiamano i temi della salubrità e del benessere potenzialmente comportato dal prodotto alimentare promosso.

Rivolgendo l’attenzione alle strategie di distribuzione delle aziende del campione analizzato si rileva che il 70% delle aziende non vende direttamente o tramite un canale che controlla. Solo il 30% delle aziende possiede un proprio canale di vendita on-line.

Tradizione e innovazione e il legame con le performance di crescita e redditività

Le aziende con un forte orientamento all’artigianalità nei prodotti e nei processi produttivi hanno registrato negli ultimi dieci anni una crescita superiore rispetto alle aziende che non hanno fatto la scelta dell’artigianalità.

La crescita della redditività delle vendite (ROS) è fortemente influenzata dal legame con il territorio, ovvero le aziende che sono state interessate dal miglioramento della redditività sono quelle con strutture produttive localizzate in uno specifico territorio, che hanno legami con fornitori locali e che sostengono lo sviluppo locale. La crescita del ROS risente molto positivamente dell’orientamento all’innovazione, che si concretizza con il continuo affinamento dei processi produttivi.

Per quanto riguarda la crescita della redditività del capitale investito (ROIC) si riscontra che l’orientamento all’innovazione di processo e di prodotto, nonché il legame con il territorio determinano positivamente la crescita della redditività del capitale investito delle aziende del campione.

In conclusione il legame con il territorio e l’artigianalità unita all’innovazione nei processi produttivi sono le principali determinanti della crescita redditizia per le aziende del settore.

Le previsioni per il 2019 e 2020

Il modello previsionale sviluppato per la quinta edizione del FIM analizza le performance di crescita, di redditività e della struttura finanziaria delle aziende operanti nel settore alimentare. Un’ulteriore analisi è stata dedicata alle performance delle esportazioni per singolo comparto.

Le previsioni sono state elaborate per il biennio 2019-2020 con l’ausilio di diversi modelli statistici.

Le aziende del settore food continueranno a crescere nel 2019 e nel 2020 a tassi maggiori del PIL italiano. Nel prossimo biennio si prevede una crescita cumulata dei ricavi del settore food del 5,9%.

La redditività delle vendite (ROS) resterà sostanzialmente in linea con quanto osservato negli ultimi tre anni, la redditività degli investimenti (ROIC), subirà un lieve aumento attestandosi, dal 2019 in poi, a oltre il 10%. Il tasso d’indebitamento registrerà un ulteriore diminuzione e confermando la solidità delle aziende operanti nel settore agroalimentare

I comparti del settore food saranno interessati da un aumento delle esportazioni nel prossimo biennio (+6,7% nel 2019-2020). I comparti dell’acqua, dei salumi, della birra e del caffè registreranno i valori più alti di crescita dell’export e al di sopra della media di settore. Performance di crescita più basse si registreranno per il comparto della pasta, delle conserve, del food equipment, e delle farine.

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IV edizione FIM 2018

Innovazione, produttività e crescita

Risultati della ricerca

 Nel 2017 il settore food cresce con un tasso di variazione decisamente superiore (+3,6%) a quello del PIL italiano (+1,5%).

L’industria italiana del food è un’industria ad elevato valore aggiunto. A partire dal 2012 il valore aggiunto prodotto dalle aziende del campione è cresciuto a tassi sempre più elevati e ha superato la crescita del fatturato. L’industria agroalimentare italiana possiede know-how di prodotto e di processo unici che permettono di aggiungere valore alle materie prime di qualità attraverso i processi produttivi, la comunicazione, il brand e la distribuzione

La redditività commerciale ha subito una lieve contrazione nel 2017 (4,2%), tuttavia si rileva una buona tenuta della struttura finanziaria sostanzialmente invariata dal 2016 al 2017.

Le performance di lungo periodo 2009-2016

Analizzando le performance di lungo periodo emerge che i comparti che crescono maggiormente sono: farine, food equipment, surgelati, olio, caffè, packaging, e vino.

La redditività commerciale (ROS) è tradizionalmente molto elevata nel comparto dei distillati (13%); si rilevano buone performance anche per i food equipment (9,3%), acqua (7,7%), dolci (7,6%), birra (7,4%) caffè (6,4%) e pasta (7,1%) che hanno valori superiori la media dell’intero settore (5,8%).

Permangono delle criticità che interessano i comparti salumeria, olio, farine. Si rileva una lieve ripresa della redditività del comparto latte (4,3%) anche se il risultato resta al di sotto della media dell’intero settore (5,8%).

Se si analizza l’incidenza del valore aggiunto sui ricavi il comparto del food equipment si conferma il best performer del settore con un valore del 37,9% nel 2016; seguito dai distillati (30,1%), acqua (25,8%), dolci (24,8%), packaging (24,3%), birra (24,3%), pasta (24%), caffè (23,4%) e surgelati (22,4%). Il comparto del vino ha un valore del 19%, poco al di sotto della media del settore (21,7%). conserve (17,7%), salumi (16,2%), latte (15,7%) farine (9,8%) e olio (6,9%) hanno registrato le performance peggiori del settore con risultati molto al di sotto della media.

ICS – Indice di crescita sostenibile e comparti ad alto potenziale di sviluppo

Il tema della sostenibilità economica della crescita è estremamente critico nel settore agroalimentare. LICS – Indice di Crescita Sostenibile è un indice (creato ad hoc per lo studio) calcolato tenendo conto della crescita dei ricavi, della marginalità commerciale e della struttura finanziaria su un arco pluriennale (2009-2016). Quanto più elevato è l’indice tanto maggiore sarà la possibilità di continuare a crescere per il comparto o per la singola azienda.  Solo quattro comparti hanno un indice ICS soddisfacente che evidenzia la presenza d’imprese in crescita con buone performance reddituali e una solida struttura finanziaria.

Il caffè (ICS 27,5), il food equipment (ICS 25), i distillati (ICS 20,7),  e, in misura minore il vino (ICS 10,8), sono i comparti che hanno registrato le performance migliori per i tre profili sopra richiamati, essi associano all’aumento delle vendite e della marginalità un tasso d’indebitamento contenuto.

Settori quali farine (ICS 9,6), pasta (ICS 8,6), surgelati (ICS 7,2) packaging (ICS 6,1), dolci (ICS 5,7), si trovano “a metà del guado” ovvero non eccellono in tutti e tre i profili che compongono l’indice. Infine si conferma la situazione molto problematica di diversi comparti, tra cui spiccano la salumeria (ICS 1,0), il latte (ICS 2,4). Il comparto della birra (ICS -1.6) registra l’unico valore negativo rispetto gli altri comparti a causa del decremento nella crescita dei ricavi dal periodo 2009 al 2016.

Analisi per classi dimensionali

L’analisi dei comparti per classi dimensionali prevede la comparazione delle le performance di crescita, redditività, struttura finanziaria delle grandi aziende (fatturato sopra i 100 milioni di Euro) e le medie aziende (fatturato tra i 100 milioni e i 50 milioni di Euro).

Le aziende di grandi dimensioni crescono a tassi superiori rispetto alle aziende di medie dimensioni, specialmente nei comprati dove operano aziende che adottano il modello di business della trading company, come nell’olio (10,3%) e nel vino (11,4%). Le medie aziende del comparto dei salumi ha registrato tassi di crescita maggiori rispetto le grandi aziende (5,3%). Inversione di tendenza per il comparto del latte che fa registrare migliori performance per le grandi aziende con CAGR del 3% rispetto le medie aziende che si attestano a una crescita del 1,8%.

In generale la redditività è maggiore per le grandi aziende con valori molto alti per distillati (15,3%), dolci (8,4%) e pasta (8,1%). La redditività delle medie aziende è maggiore nel comparto del vino con un valore del 10,2%, seguono i comparti del caffè (7,2%), dei salumi (2,6%) e dell’olio (2,2%).

Confronto intersettoriale

Il confronto intersettoriale conferma le buone performance del settore agroalimentare, infatti il ritorno sul capitale investito (ROI) nel 2016 è superiore a quello di diversi settori dell’economia italiana come l’abbigliamento, il legno e i mobili (confronto con dati MBRES).

I trend del tasso d’indebitamento del campione MBRES delle imprese italiane e il settore food sono entrambi in diminuzione nel lungo periodo e si confermano livelli più bassi per il settore food che nel 2016 registra il tasso d’indebitamento più basso (2,39) rispetto tutto il periodo considerato (2010 – 2016).

Gli investimenti materiali e immateriali del settore food evidenziano un trend di crescita nel periodo 2009-2016; le imprese italiane (campione MBRES), invece, hanno ridotto gli investimenti, soprattutto nel biennio 2013-2014. Negli ultimi due anni considerati si evidenzia una lieve crescita degli investimenti materiali per le imprese italiane. Nel 2015 e nel 2016 gli investimenti nel settore del food sono cresciuti leggermente meno rispetto a quelli registrati dalle imprese italiane. Gli investimenti in immobilizzazioni immateriali sono caratterizzati da tassi di crescita positivi solo per il settore food mentre il campione di aziende MBRES registra un’ulteriore flessione nel 2016 che si attesta a -1,1%.

Il comparto del vino

L’analisi dei dati relativi al settore del vino evidenzia delle buone performance di crescita ed una lieve contrazione della redditività commerciale e della redditività del capitale investito. Le performance finanziarie evidenziano un netto miglioramento con una notevole diminuzione del tasso d’indebitamento. 

Analizzando le performance pluriennali (2009-2016) dei produttori di vino, emerge che le aziende che adottano il modello di business del trader (gli imbottigliatori, che comprano vino ed imbottigliano) hanno le performance di crescita pluriennale più elevate, anche se una redditività commerciale attorno al 3%, ovvero decisamente inferiore rispetto al valore registrato dai produttori integrati (7%) ovvero imprese di piccole e medie dimensioni che hanno al loro interno la produzione vitivinicola. Le cooperative, una forza trainante del comparto in termini dimensionali, mettono a segno delle discrete performance di crescita, in linea con quelle registrate dai produttori integrati, tuttavia hanno una redditività molto bassa, con margini commerciali inferiori al 2%.

Il comparto del vino ha difficoltà a sostenere un certo posizionamento di prodotto e quindi prezzi di vendita adeguati. Questo si evince dall’analisi dei dati relativi all’export, che evidenziano come l’Italia ha volumi di esportazione maggiori del concorrente più prossimo, ovvero la Francia, tuttavia in valore l’export di vino italiano vale il 40% in meno di quello francese. Questo perché si tende ad esportare un prodotto di tipo “budget” con un posizionamento di prezzo decisamente più basso rispetto ai prodotti francesi. Non è quindi un caso che i risultati reddituali non siano del tutto soddisfacenti e che il vino rappresenti il classico esempio di comparto in cui le aziende hanno puntato sulla crescita a discapito della marginalità.

Le previsioni

Per la quarta edizione del Food Industry Monitor è stato sviluppato un modello previsionale per analizzare l’evoluzione della crescita e della redditività a livello di settore e a livello di singolo comparto. Si osserva una stabilità nella crescita dei ricavi nel biennio 2018 -2019 con un tasso di crescita cumulato del 6,5%.

L’analisi delle prospettive di crescita cumulata nel biennio 2018-2019 per i singoli comparti evidenzia performance molto eterogenee. Si riscontra una crescita elevata per i comparti del caffè (13,9%), farine (12,2%), vino (7,9%), olio (7,8%) e conserve (7,3%). I comparti del latte (2,4%), distillati (2,5%) e dolci (2,5%) sono interessati da una crescita modesta. I comparti dei salumi (0,0%) e dei surgelati (-0,3%) registrano tassi di crescita negativi per il biennio considerato. Per i comparti del vino, del caffè, dell’olio, dei dolci, dell’acqua, e dei surgelati si prevede, inoltre, una crescita della redditività commerciale (ROS nei prossimi due anni.

A livello aggregato tutti i comparti del settore food registrano incrementi positivi (crescita cumulata nel periodo 2018-2019) delle esportazioni per il biennio 2018-2019. Si evidenzia il risultato particolarmente positivo per il comparto dell’acqua con un tasso di variazione cumulato pari al 14,7%, anche per i salumi (8,4%) e il vino (6,4%) si registrano performance di export sostanzialmente positive.

 

 

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III edizione FIM 2017

Finanza e crescita sostenibile nel settore agroalimentare

Risultati della ricerca

Nel 2016 il settore del food ha registrato un incremento dei ricavi pari a 2,5%, nettamente superiore alla crescita del PIL (0,9%). Sono oramai cinque anni che il settore del food registra performance sensibilmente superi a quelle dell’economia italiana.

L’industria italiana del food è un’industria ad elevato valore aggiunto. A partire dal 2012 il valore aggiunto prodotto dalle aziende del campione è cresciuto a tassi sempre più elevati e ha superato la crescita del fatturato. Nel 2016 l’incremento del valore aggiunto è stato del 5% in linea con l’anno precedente e sensibilmente superiore alla crescita dei ricavi. L’industria agroalimentare italiana possiede know-how di prodotto e di processo unici che permettono di aggiungere valore alle materie prime di qualità attraverso i processi produttivi, la comunicazione, il brand e la distribuzione

La redditività commerciale ha subito una lieve contrazione nel 2016, tuttavia si rileva un rafforzamento della struttura finanziaria con una diminuzione del tasso di indebitamento.

 

Le performance di lungo periodo 2009-2015

Analizzando le performance di lungo periodo emerge che i comparti che crescono maggiormente sono: farine, food equipment, olio e packaging, caffè e vino.

La redditività commerciale (ROS) è tradizionalmente molto elevata nel comparto dei distillati (12,9%); si rilevano buone performance anche per i food equipment, dolci, caffè, acqua e pasta che hanno valori superiori la media dell’intero settore (5,7%).

Come evidenziato nella scorsa edizione dello studio permangono delle criticità che interessano i comparti salumeria, olio, farine e latte che hanno la redditività commerciale (ROS) e la redditività del capitale investito (ROIC) sensibilmente inferiori rispetto alle medie di settore .

Se si analizza il valore aggiunto il comparto del food equipment si conferma il best performer del settore con un CAGR dell’8% nel periodo 2009; seguito dai distillati (5,8%), farine (5,7%), vino (5,7%), packaging (5,1%) e conserve (4,2%). Il comparto dei dolci (1,4%), pasta (1,5%) e birra (1,7%) hanno registrato le performance peggiori del settore con risultato molto al di sotto della media. Permane una situazione di sostanziale crisi del comparto dei salumi (1,1%) che registra il valore più basso del settore.

 

ICS – Indice di crescita sostenibile e comparti ad alto potenziale di sviluppo

Il tema della sostenibilità economica della crescita è estremamente critico nel settore agroalimentare. L’ICS – Indice di Crescita Sostenibile è un indice (creato ad hoc per lo studio) calcolato tenendo conto della crescita dei ricavi, della marginalità commerciale e della struttura finanziaria su un arco pluriennale (2009-2015). Quanto più elevato è l’indice tanto maggiore sarà la possibilità di continuare a crescere per il comparto o per la singola azienda.  Solo quattro comparti hanno un indice ICS soddisfacente che evidenzia la presenza d’imprese in crescita con buone performance reddituali e una solida struttura finanziaria.

I distillati (ICS 22,6), il caffè (ICS 21,3), il food equipment (ICS 21,1) e, in misura minore il vino (ICS 10,5), sono i comparti che hanno registrato le performance migliori per i tre profili sopra richiamati, essi associano all’aumento delle vendite e della marginalità un tasso d’indebitamento contenuto.

Settori quali pasta (ICS 9,9), farine (ICS 7,7), packaging (ICS 7,7), acqua (ICS 7,5), si trovano “a metà del guado” ovvero non eccellono in tutti e tre i profili che compongono l’indice. Infine si conferma la situazione molto problematica di diversi comparti, tra cui spiccano la salumeria (ICS 1,3), il latte (ICS 2,2). Il comparto della birra (0,5) registra il valore più basso rispetto gli altri comparti a causa della sostanziale stabilità della crescita dal 2009 al 2015.

 

Analisi per classi dimensionali

Per la terza edizione del Food Industry Monitor è stata sviluppata un’analisi dei comparti per classi dimensionali. Sono state comparate le performance di crescita, redditività, struttura finanziaria delle grandi aziende (fatturato sopra i 100 milioni di Euro) e le medie aziende (fatturato tra i 100 milioni e i 50 milioni di Euro).

Le aziende di grandi dimensioni crescono a tassi superiori rispetto alle aziende di medie dimensioni, specialmente nei comprarti dove operano aziende che adottano il modello di business della trading company, come nell’olio (13%) e nel vino (12,1%). Le medie aziende del comparto del latte e dei salumi hanno registrato tassi di crescita maggiori rispetto le grandi aziende (4,8% e 3,7%). Si tratta di un risultato influenzato da dinamiche di specializzazione da scelte di focalizzazione su prodotti di qualità effettuate dalle aziende di minori dimensioni.

In generale la redditività è maggiore per le grandi aziende con valori molto alti per distillati (15,2%), dolci (8,3%) e pasta (8%).

L’indebitamento delle medie aziende è maggiore rispetto le grandi aziende per i comparti dell’olio (4,18), latte e derivati (4,3), dolci (4) e caffè (2,39). Le grandi aziende del comparto del vino sono caratterizzate da un indebitamento maggiore (4,07) rispetto le medie aziende, anche in questo caso si tratta di un dato fisiologico generato dalla presenza delle trading company.

 

Confronto intersettoriale

Il confronto intersettoriale conferma le buone performance del settore agroalimentare, infatti il ritorno sul capitale investito (ROI) nel 2015 è superiore a quello di diversi settori dell’economia italiana come l’abbigliamento, il legno e i mobili (confronto con dati MBRES).

La situazione debitoria del settore food è lievemente più bassa rispetto al campione MBRES delle imprese italiane ed è caratterizzato da una tendenza decrescente nel lungo periodo.

Gli investimenti materiali e immateriali del settore food evidenziano un trend di crescita nel periodo 2009-2015; le imprese italiane (campione MBRES), invece, hanno ridotto gli investimenti, soprattutto nel biennio 2013-2014. Nel 2015 gli investimenti nel settore del food sono cresciuti leggermente meno rispetto a quelli registrati dalle imprese italiane. Gli investimenti in immobilizzazioni immateriali sono caratterizzati da tassi di crescita positivi solo per il settore food mentre il campione di aziende MBRES ha registrato un decremento del -0,4%.

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II edizione FIM 2016

Innovazione e crescita nell’industria agroalimentare

 

Abstract della ricerca

 Il settore agroalimentare si conferma in netta ripresa, si tratta di una crescita dalle solide basi in quanto è accompagnata da una redditività positiva e da una struttura finanziaria relativamente solida. Il settore cresce a velocità decisamente superiore rispetto all’economia italiana grazie anche al forte sviluppo delle esportazioni. Anche il trend degli investimenti materiali (impianti produttivi e logistica) ed immateriali (ricerca e sviluppo e comunicazione) hanno valori superiori rispetto alla media delle imprese italiane.

Nel 2015 il settore del food ha registrato un incremento dei ricavi pari a 4,6%, nettamente superiore alla crescita del PIL che nel 2015 ha fatto registrare il primo valore positivo (+0,8%) dopo tre anni di contrazione. Dal 2010 il settore del food è cresciuto a tassi sensibilmente superiori a quelli dell’economia italiana.

L’industria italiana del food fa leva sulla qualità delle materie prime, ma aggiunge valore attraverso i processi produttivi, la comunicazione, il brand e la distribuzione. A partire dal 2016 il valore aggiunto prodotto dalle aziende del campione è cresciuto a tassi sempre più elevati e ha superato la crescita del fatturato. Nel 2015 l’incremento del valore aggiunto è stato dell’8%, ovvero quasi il doppio della crescita del fatturato. Questo dato caratterizza in modo unico l’industria italiana dell’agroalimentare, che non è un’industria di mera trasformazione, ma si configura come un sistema di imprese in grado di fare innovazione e aggiungere valore a risorse naturali di grande qualità.

 La redditività commerciale (ROS) è passata da 5% del 2012 al 6,8% del 2015, anche la redditività del capitale investito (ROIC) è in netta ripresa e, nel 2015, supera l’11%, tornando, dopo molti anni, alla “doppia cifra”. Il tasso di indebitamento si mantiene stabile per tutto il periodo considerato attorno al valore medio di 2,7.

 Analizzando le performance medie nel periodo 20092014 emerge che i comparti che crescono maggiormente sono: farine, food equipment, olio e packaging, caffè e vino.

La redditività commerciale (ROS) è tradizionalmente molto elevata nel comparto dei distillati (12,7%); si rilevano buone performance medie (sempre relativamente al periodo 2009-2014) anche per i food equipment, dolci, caffè e pasta che hanno valori superiori la media dell’intero settore (5,5%).

Come evidenziato nella scorsa edizione dello studio permangono delle criticità che interessano i comparti salumeria, olio e latte che hanno la redditività commerciale (ROS) e la redditività del capitale investito (ROIC) sensibilmente inferiori rispetto alle medie di settore agroalimentare.

Il tema della sostenibilità economica della crescita è estremamente critico nel settore agroalimentare. L’ICS – Indice di Crescita Sostenibile è un indice creato ad hoc per il presente studio che è calcolato tenendo conto della crescita dei ricavi, della marginalità commerciale e della struttura finanziaria su un arco pluriennale (2009-2014). Quanto più elevato è l’indice tanto maggiore sarà la possibilità di continuare a crescere per il comparto o per la singola azienda.  Solo quattro comparti hanno un indice ICS soddisfacente che evidenzia la presenza di imprese in crescita con buone performance reddituali e una solida struttura finanziaria.

I distillati (ICS 24), il caffè (ICS 21,9), il food equipment (ICS 18,8) e, in misura minore il vino (ICS 10,2), sono i comparti che hanno registrato le performance migliori per i tre profili sopra richiamati, essi associano all’aumento delle vendite e della marginalità un tasso d’indebitamento contenuto. Settori quali pasta (ICS 9,1), dolci (ICS 7,7), farine (ICS 7), packaging (ICS 5,4) si trovano “a metà del guado” ovvero non eccellono in almeno uno dei tre profili che compongono l’indice. Infine si conferma la situazione molto problematica di diversi comparti, tra cui spiccano la salumeria (ICS 1,2) e il latte (ICS 2,2).

Il confronto intersettoriale conferma le buone performance del settore agroalimentare, infatti il ritorno sul capitale investito (ROI) nel 2014 è superiore a quello di diversi settori dell’economia italiana come l’abbigliamento, il legno e i mobili (confronto con dati MBRES).

La situazione debitoria del settore food è lievemente più bassa rispetto al campione MBRES delle imprese italiane ed è caratterizzato da una tendenza decrescente nel lungo periodo. Nel 2014 il tasso d’indebitamento del settore food è 2,57 rispetto ad un valore leggermente più alto di 2,65 per le Imprese italiane.

Gli investimenti materiali e immateriali del settore food evidenziano un trend di crescita nel periodo 2009-2014; le imprese italiane (campione MBRES), invece, hanno ridotto gli investimenti, soprattutto nel bienno 2013-2014.

Il confronto con i dati della GDO italiana conferma che lo sviluppo del settore del food è in buona parte riconducibile all’export e beneficia anche del contributo di nuovi canali distributivi. La GDO, seppure controlla una buona parte del fatturato della filiera alimentare, ha una redditività commerciale molto bassa, con un ROS dell’1,35% nel 2014. Si potrebbe quindi affermare che la GDO, probabilmente a causa della contrazione dei consumi interni, sia diventata una sorta di “anello debole” del sistema agroalimentare che deve rinnovare necessariamente i propri modelli di business, ma che difficilmente potrà sostenere investimenti in innovazione con margini commerciali così ridotti.

 

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I edizione FIM 2015

Le Sfide competitive per le aziende del settore food and beverage

La prima edizione dell’osservatorio analizza le performance di 519 aziende per 43,5 miliardi di ricavi aggregati. L’analisi delle aziende si articola su 10 comparti per i quali sono state prese in considerazione le top 50 in termini di dimensioni.

Il campione rappresenta circa il 71% di tutte le società di capitale operanti nei comparti considerati. Per ciascun comparto è stata effettuata l’analisi su quattro profili: crescita, redditività, produttività e struttura finanziaria.

All’interno di ciascun comparto sono state analizzate le performance dei top 20 players con un focus sulla sostenibilità finanziaria della crescita.

Le performance aggregate di ciascun comparto sono state comparate in modo da permettere l’identificazione dei comparti top performer.

Crescita

Analizzando le performance aggregate, nel periodo 2009-2013, si evidenzia un tasso di crescita dei ricavi (CAGR) del 4%; si tratta di un risultato relativamente positivo se confrontato con l’andamento dell’economia generale. I comparti caratterizzati da una crescita maggiore sono: food equipment (produzione di impianti e macchinari per l’industria del food), olio, caffè e  vino; questi comparti sono strutturalmente più votati all’export e si caratterizzano per la presenza di aziende con brand forti e con una consolidata posizione sui mercati internazionali. Hanno avuto performance superiori alla media anche i comparti del latte e dei distillati.

I comparti che hanno registrato un tasso di crescita dei ricavi inferiore alla media del settore sono: l’acqua, la pasta, i dolci e i prodotti di salumeria. Si tratta di comparti che hanno subito una forte pressione sui prezzi e, nel caso dell’acqua e dei prodotti di salumeria, sono più dipendenti dal mercato nazionale.

Redditività 

La marginalità commerciale media (ROS, 2009 -2013) si attesta attorno al 6%. I comparti con i risultati superiori alla media sono: distillati, dolci, food equipment e pasta. Allineati alla media sono: acqua e caffè; performance inferiori si evidenziano in: vino, latte ed olio.

La redditività media del capitale investito (2009-2013) è di circa l’8%. Il comparto del food equipment ha performance superiori alla media in quando adotta un modello di business differente in confronto alle aziende che producono cibo e bevande e che sono tradizionalmente soggette al rapporto con il canale distributivo. Hanno valori superiori alla media del settore i comparti della pasta, dolci, distillati e acqua. Il caffè è leggermente inferiore alla media e vino, olio, salumeria e latte sono nettamente inferiori.

Produttività

L’analisi della produttività delle risorse umane (ricavi medi per addetto) mostra un’omogeneità tra la maggior parte dei comparti che si posizionano attorno al valore medio di 380.000 Euro per addetto. Hanno valori più elevati della media i comparti del latte e dei distillati poiché i processi produttivi consentono di massimizzare la produttività per dipendente; inoltre, il comparto dell’olio è caratterizzato dalla presenza di molteplici realtà aziendali che adottano un modello di business fondato sull’attività di trading di oli prodotti da terze parti. Il  food equipment è caratterizzato da una produttività del personale inferiore, a causa dell’elevato apporto di manodopera qualificata necessaria sia nel ciclo produttivo sia nell’installazione degli impianti.

L’analisi della produttività degli investimenti materiali evidenzia una situazione di sostanziale uniformità. Il comparto del latte presenta dei valori più elevati in quanto alcuni big player hanno avviato un processo di ristrutturazione e razionalizzazione della capacità produttiva. Il dato dell’olio è determinato dall’attività di trading, mentre per pasta e dolci si tratta di un risultato positivo influenzato dagli investimenti in innovazione di processo realizzati nel corso degli anni.

Struttura finanziaria

Il tasso d’indebitamento medio (periodo 2009-2013) del settore ha un valore di  2.7, in linea con quanto si riscontra nel settore manifatturiero italiano. Il comparto del caffè è caratterizzato da un indebitamento contenuto, lo stesso dicasi per i distillati e i dolci che hanno un tasso al di sotto della media del settore. Il comparto maggiormente indebitato è quello del latte, ma questo dipende dai processi di ristrutturazione in corso; si tratta di una situazione che interessa parzialmente anche il comparto dell’olio soggetto ad aggregazioni e ristrutturazioni di aziende. Molto elevato appare l’indebitamento del comparto della salumeria determinato sia dai debiti a lungo sia dall’esposizione a breve utilizzata per finanziare l’elevato assorbimento di circolante.

Il costo del debito medio (2009-2013) si situa attorno al 3,8%, hanno costi superiori alla media i comparti del latte e del food equipment. Hanno costi inferiori alla media il comparto dell’olio, la salumeria, il vino e i dolci. Il risultato dell’olio è spiegato dalle operazioni di utilizzo di linee di credito prevalentemente a breve per far fronte alla forte stagionalità che genera costi da interessi passivi per un periodo limitato di mesi.

Confronto tra crescita e redditività

Il food equipment è il comparto che evidenzia la relazione più favorevole tra crescita e redditività del capitale investito. I comparti dei distillati e della pasta hanno una buona crescita, allineata alla media, ma con un redditività nettamente superiore.

I comparti del caffè, del latte, olio e vino hanno sviluppato una crescita soddisfacente nel periodo considerato, tuttavia questa crescita è stata ottenuta sacrificando una parte della redditività del capitale investito. In particolare il risultato è stato determinato dall’aumento dell’assorbimento di mezzi per finanziare il circolante e dai costi di ristrutturazione e risanamento.

Il comparto della salumeria soffre sia per quanto riguarda la crescita sia per redditività del capitale investito. Si tratta di un comparto che risente del calo dei consumi, dello sviluppo dei private label e delle forti pressioni sui prezzi esercitati dalla grande distribuzione. I comparti dell’acqua minerale e dei dolci hanno sviluppato una crescita insufficiente preservando tuttavia la redditività del capitale investito.

Confronto tra indebitamento e redditività

I comparti virtuosi sono: pasta, dolci e distillati dove, ad un basso livello di indebitamento, corrisponde una buona capacità reddituale. Anche il food equipment può essere considerato virtuoso, infatti ad un tasso di indebitamento leggermente superiore alla media associa un’eccellente redditività del capitale investito.

Il comparto del caffè ha una situazione relativamente equilibrata: ad una redditività del capitale investito leggermente inferiore alla media del settore, corrisponde un livello di indebitamento contenuto. Lo stesso dicasi del vino che ha un tasso di indebitamento leggermente inferiore alla media, ma una redditività non soddisfacente.

Olio, latte, prodotti di salumeria sono caratterizzati da un rapporto critico tra indebitamento e redditività; infatti ad un elevato tasso di indebitamento iniziale corrisponde una bassa redditività del capitale investito.

Confronto tra indebitamento e crescita

Il confronto tra indebitamento e crescita evidenzia una situazione virtuosa per i comparti del vino, caffè, distillati e food equipment che hanno saputo crescere contenendo l’indebitamento finanziario al di sotto della media del settore.

I comparti del latte e dell’olio hanno ottenuto delle performance soddisfacenti per quanto attiene la crescita, tuttavia continuano ad essere caratterizzati da un indebitamento finanziario elevato.

I produttori di salumi e di acqua sono in una situazione problematica in quanto hanno registrato una crescita inferiore rispetto al settore, ma hanno un indebitamento superiore.

Rank dei comparti

È stato sviluppato un rank generale dei comparti analizzati, dato dalla sommatoria dei rank dei comparti su tre indicatori: il CAGR dei ricavi (2009-2013) per misurare la crescita, il ROS medio 2019-2013 per misurare la marginalità commerciale e il tasso di indebitamento medio per misurare la sostenibilità finanziaria della crescita. Sommando i rank ottenuti dai singoli comparti si determina un rank generale che sintetizza: crescita, redditività, sostenibilità finanziaria.

Il risultato finale evidenzia ai primi tre posti i comparti del caffè, distillati e food equipment. Ciascuno dei tre comparti occupa il primo posto in uno dei tre indicatori utilizzati per la classifica. Il caffè ha la struttura finanziaria più solida, i distillati la maggiore redditività commerciale e il food equipment la maggiore capacità di crescita sui mercati. Tuttavia i tre comparti hanno performance molto equilibrate anche negli altri indicatori, questo fa si che siano posizionati ai vertici del rank come aziende in grado di sviluppare una crescita redditizia e sostenibile dal punto di vista finanziario.

I comparti della pasta e dei dolci, che occupano la quarta e la quinta posizione, hanno buone performance per quanto riguarda la marginalità commerciale e il tasso di indebitamento, tuttavia hanno performance poco soddisfacenti per quanto attiene la crescita. Il comparto del vino occupa una posizione mediana in tutti e tre gli indicatori.

L’olio ha un tasso di crescita molto elevato a cui corrisponde una forte criticità dal punto vista della redditività e della struttura finanziaria. Il latte ha un discreto posizionamento nel rank della crescita, ma performance negative in termini di redditività e sostenibilità finanziaria. I comparti dell’acqua e della salumeria presentano forti criticità nei tre profili ed evidenziano la presenza di potenziali problematiche strutturali.

Confronto intersettoriale

Il settore del food è cresciuto in termini di ricavi e valore aggiunto a tassi sensibilmente superiori rispetto al PIL nazionale. Nel 2013 e nel 2013 la crescita del valore aggiunto è stata determinata sia da azioni volte a rendere più efficienti i processi produttivi sia da azioni di sviluppo commerciale sul mercato italiano e sui mercati esteri.

Il confronto tra un campione di imprese italiane (MBRES) e le aziende del settore food evidenzia quanto segue:

  • La produttività del capitale investito (valore aggiunto/capitale investito) è sostanzialmente allineata al valore generale;
  • Il ROE del settore food risulta essere sensibilmente più elevato rispetto al ROE del campione MBRES delle aziende italiane. Si tratta di un risultato determinato dalla buona redditività netta delle aziende del food italiane che hanno un conto economico meno penalizzato, rispetto al campione delle aziende italiane, da costi di natura non ricorrente e dagli oneri finanziari;
  • Le aziende del settore food hanno un redditività del capitale investito (ROI) in linea con quelle dei settori manifatturieri rappresentativi dell’economia nazionale. Le aziende del settore food risultano essere leggermente meno indebitate del campione di riferimento e hanno un trend di riduzione dell’indebitamento.

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